Parlare di rifugi antiaerei è come
ricordare un po del nostro passato non tanto lontano.
Ogni area industrializzata o abitata ha sentito
la necessità di proteggersi dagli attacchi aerei che, sempre più
numerosi, hanno interessato la bergamasca durante il periodo 1940/45 (II
Guerra Mondiale).
Bergamo, Dalmine, Orio al Serio, Ponte S.
Pietro e vari altri comuni sono ormai depositari di queste vestigia, a
ricordo ed insegnamento.
Dopo avere riscoperto quelli di Dalmine e
Bergamo ci è stata segnalata la presenza di ben tre manufatti in
Ponte S. Pietro; dalle testimonianze verbali (vissute come testimoni),
abbiamo voluto ripercorrere la ricerca per documentare tali opere. Carichi
di entusiasmo, con poche conoscenze sui luoghi degli accessi, siamo partiti
di buon sabato pomeriggio carichi di torce, bindelle e... faccia tosta.
Si, perché per queste ricerche, più
che il dettaglio, conta la domanda giusta alla persona giusta.
Ed ecco, a non oltre 500 metri dalla nostra
sede in Marigolda (Castello Porta), aprirsi il rifugio, da noi detto della
Quisa (dal nome del fiume sulle cui sponde si apre uno degli accessi).
Di non facile individuazione, celata da manufatti
umani, si apre la galleria usata in tempi recenti come ripostiglio, cantina
e coltivazione di funghi; lunga circa 100 metri, a forma di sigaro allungato,
si apre su due gallerie laterali, a forma di Y.
Allincrocio, camere di gestione, con bagni
e ripostigli; una galleria vira verso sud-ovest (verso il Brembo), laltra,
in leggera salita verso la Piazza centrale (il campanile sembra costruito
proprio sullo sbocco), rimangono in opera solo solo alcuni tratti dellimpianto
elettrico. Sul pavimento, ciò che resta della coltivazione di funghi.
Il manufatto è difficilmente agibile, posto in proprietà
protetta.
Il recupero è facile, la gestione a
scopo di visita didattica, possibile.
Nulli sono i pericoli, necessaria illuminazione
propria.
Ora, sullentusiasmo della prima scoperta,
ci siamo diretti verso delle vaghe indicazioni che ci suggeriscono il secondo
rifugio, posto sotto al Famedio (collinetta votiva con Parco delle Rimembranze).
Allimmediata visita, un accesso tipico del
rifugio posto sulla sinistra del monumento, tradisce loggetto della nostra
ricerca. Laccesso è poco agevole, dovendo scavalcare reti di dovuto
sbarramento.
Il cancello è sradicato e segnala la
frequentazione recente. Una galleria di circa 30 metri conduce ad una camera
di manovra, ove sulla sinistra si dipartono due gallerie parallele, di
circa 60 metri in orizzontale (disposizione nord-sud, parallele con collegamento
a metà lunghezza per scambio daria).
Nella galleria interna vi è un pozzo
servito da balconcino ed eventuale via di fuga demergenza (scala infissa
appare in traccia nel muro).
In fondo alle gallerie, collegate da camera
di manovra, vi sono camere di gestione con bagni e ripostigli.
Una nuova uscita (gemella a quella utilizzata)
è, invece, bloccata da una cabina del metano (!).
Le gallerie sono ben aerate, ma presentano
pericoli per frequentazioni recenti di persone sbandate (è sconsigliabile
la visita se non attrrzzati di stivali, torce... ed in gruppo numeroso).
Il recupero è possibile, sia per scopi
didattici, sia per lallestimento di mostre in tema.
Detto rifugio è stato denominato Famedio,
dal nome del monumento che lo sovrasta; sappiamo che esiste un altro rifugio
(e ben sappiamo dove è collocato!) ma non vogliamo togliere ai lettori
interessati il gusto della ricerca. |